L’Intelligent Data Processing, ovvero l’utilizzo degli algoritmi AI per analizzare le informazioni, estrarre insights e formulare previsioni, è un’opportunità strategica irrinunciabile per qualsiasi azienda, indipendentemente dal settore industriale di riferimento.
Ma quali sono i vantaggi competitivi e le applicazioni a maggiore ritorno dell’Intelligence Data Processing?
“Mentre la Business Intelligence - chiarisce Mirko Puliafito, Ceo di Digitiamo - elabora lo storico per esaminare eventi passati e scoprire evidenze utili al miglioramento, l’Intelligence Data Processing, che alcuni identificano con la cosiddetta Advanced Analytics, si concentra sul futuro per anticipare le prossime tendenze e supportare il decision making strategico”.
I casi pratici non mancano e Digitiamo ha realizzato progetti per aziende di tutti i settori. “Ad esempio - prosegue l’Amministratore Delegato - in ambito manifatturiero abbiamo realizzato iniziative di manutenzione predittiva per anticipare il deterioramento dei macchinari ed evitare interruzioni. Inoltre, grazie all’analisi delle serie storiche, possiamo determinare l’andamento della produzione, calcolando il numero di pezzi che verrà generato nell’unità di tempo”.
Nel comparto Retail, invece, le soluzioni di Intelligent Data Processing sono state utilizzate per prevedere le vendite degli store online e fisici, quindi stimare il fabbisogno di ciascuna referenza per categoria merceologica, con la possibilità di attivare processi di riordino automatico.
“Per il settore Farmaceutico - continua Puliafito - l’Intelligent Data Processing permette di anticipare le fluttuazioni di prezzo delle materie prime, così da intercettare il momento migliore per l’acquisto. Abbiamo realizzato anche progetti più di nicchia, ad esempio in ambito Asset Management, e stiamo partendo con la Grande Distribuzione Organizzata”.
Insomma, l’interesse verso l’Intelligent Data Processing è in ascesa e coinvolge tutti i settori, ma per ottenere i vantaggi competitivi auspicati occorre una visione strategica.
“Tipicamente - dichiara Puliafito - le aziende hanno più informazioni di quante ne utilizzino per processi data-driven. Il primo passo, quindi, è individuare le applicazioni dove l’Intelligent Data Processing può offrire i maggiori ritorni, costruendo business case solidi con KPI e obiettivi misurabili”.
Ad esempio, gli algoritmi AI potrebbero ottimizzare l’approvvigionamento dei prodotti freschi, evitando giacenze inutili con conseguente spreco alimentare. Tuttavia, bisogna definire degli indicatori che permettono di verificare l’efficacia del progetto, dimostrandone la convenienza.
“Le iniziative che abbiamo realizzato - dichiara il CEO - suggeriscono un taglio dello spreco di circa il 15%-30% per singola referenza, con un ROI significativo già nel primo anno di esercizio. Certo, i progetti richiedono uno sforzo iniziale, ma vengono completati mediamente in 3-6 mesi e permettono di recuperare margini velocemente. Uno dei nostri clienti della GDO, grazie all’Intelligent Data Processing, sta ottenendo importanti benefici in termini di lotta agli sprechi e sostenibilità del business”.
Se il primo passo per l’implementazione di progetti di Intelligent Data Processing consiste nella definizione del business plan, il secondo punto di attenzione è l’infrastruttura tecnologica. Innanzitutto, come spiega Puliafito, serve un sistema per la raccolta delle informazioni, da una pluralità di fonti (aziendali o esogene) al repository centralizzato (data warehouse, data lake e così via). Qui i dati vengono armonizzati e preparati per alimentare e addestrare gli algoritmi analitici.
“Sfruttando diverse tecniche - precisa il CEO - i modelli di machine learning imparano dai dati storici e identificano pattern che permettono di prevedere i fenomeni futuri, classificare oggetti, fornire raccomandazioni e così via, aggiornandosi continuamente”.
A valle del processo analitico, gli strumenti di data visualization mettono a disposizione cruscotti e grafici per una rapida lettura e interpretazione dei risultati, facilitando il decision making.
“La notifica - prosegue l’AD - è un’altra funzione tipica dell’Intelligent Data Processing: effettuate le analisi, il sistema lancia una segnalazione o un allarme se viene identificata un’anomalia rispetto ai risultati attesi. Ad esempio, se si verifica una contrazione delle vendite inaspettata o se un macchinario mostra un improvviso calo di performance”. L’intelligenza artificiale così supporta l’uomo nel decidere le contromisure, sgravando dal compito operativo di “guardare il dato”.
Il terzo fattore di successo per i progetti di Intelligent Data Processing risiede nel buy-in delle persone. “Non basta - asserisce Puliafito - che la dirigenza aziendale appoggi e sponsorizzi l’iniziativa, ma occorre il coinvolgimento e il convincimento di tutti gli utenti”.
‘Fidarsi della macchina’ infatti presuppone coraggio e apertura all’innovazione; significa accantonare intuizioni e consuetudini per sposare una nuova logica data-driven, ma anche superare la paura di essere sostituiti da un algoritmo.
“Insomma - ribadisce il CEO - occorre il buy-in di quanti si assumono il rischio e la responsabilità di presentare al board i risultati analitici, accettando che l’uomo sbaglia più della macchina. Senza la fiducia nel dato e il coinvolgimento delle persone, il risultato sarà sempre messo in discussione”.
L’Intelligent Data Processing è quindi un modello che permette di valorizzare la conoscenza aziendale per migliorare l’operatività e innovare il business, ma richiede competenze, attitudine e tecnologia.
Secondo Puliafito, in conclusione, in un progetto di successo non dovrebbe mancare i seguenti passi: